Bullismo e Omofobia 2.0 – 4 Domande sul tema !
Torniamo a parlare i Bullismo 2.0, grazie alla collaborazione dei docenti della A.C.F (accademia per la cultura e la formazione); e a 4 domande sul tema cercheremo di comprendere meglio le ultime frontiere del fenomeno, gli aspetti psicologici che sfociano nell’Omofobia, la paura della diversità, analizzeremo il processo dei Mass Media e della divulgazione delle notizie e per finire valuteremo l’aspetto giuridico.
Grazie alla Dott.ssa Valeria Lupidi (Funzionario del Ministero dell’Interno in servizio presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale – Servizio Centrale di Protezione)
Buon giorno Dott.ssa, le chiederei di parlarci della sua esperienza riguardo al fenomeno del “Bullismo e Omofobia”.
Il bullismo omofobico si riconosce in tutti gli atti di prepotenza e abuso che si fondano sull’omofobia, rivolti a persone percepite come omosessuali o atipiche rispetto al ruolo di genere. È un fenomeno sociale che riguarda in misura maggiore i maschi poichè nella nostra società i maschi sono più omofobi in quanto il ruolo di genere è definito più puntualmente e le deviazioni da esso sono maggiormente sanzionate socialmente.
I bersagli principali del bullismo omofobico sono sia gli adolescenti che apertamente si definiscono lesbiche o gay o transessuali, che i ragazzi che «sembrano» omosessuali sulla base di una percezione stereotipata degli atteggiamenti manifesti o dello stile. Sono anche oggetto di bullismo omosessuale gli adolescenti con fratelli, sorelle o genitori omosessuali e quelli che frequentano amici omosessuali, nonché gli adolescenti che hanno idee apertamente favorevoli alla tutela dei diritti omosessuali.
Purtroppo queste situazioni sono frequenti nelle scuole e personalmente ho avuto modo di rilevare quanto possa diventare difficile per la vittima riuscire a gestire la situazione, perchè doppiamente vittimizzata, dovendo subire non solo le persecuzioni proprie del bullismo “classico”, ma anche quelle aggravate dal fatto di essere in qualche modo considerata “diversa”. Questi sentimenti sono poi esacerbati dal mancato coming out che porta a vivere due esistenza parallele: una vita nascosta, percepita come indegna e inaccettabile e una vita pubblica, organizzata su un’immagine falsa di sé.
I comportamenti autolesionistici tra coloro che subiscono il bullismo omofobico hanno un’incidenza del 30%, aumentano i problemi di salute fino ad arrivare a vere e proprie malattie croniche, senso di impotenza e depressione, dilagano fino a scivolare in veri e propri comportamenti suicidari nel 6% dei casi.
Ringraziamo la Dott.ssa Maria Pariano (Psicologa e Psicoterapeuta)
alla quale abbiamo chiesto di parlarci di “Bullismo e Diversità”.
I dati Unicef dimostrano come i ragazzi che vivono la disabilità, hanno una probabilità di 3-4 volte maggiore rispetto alla media, di essere vittime di atti di bullismo. La disabilità maggiormente a rischio, risulta essere quella di tipo intellettivo, in cui molto spesso ragazzi e ragazze vengono molestati o aggrediti in ragione della loro condizione. Atti di violenza spesso motivati dal pregiudizio verso la disabilità, figli di preconcetti che hanno una radice storica profonda. Non dimentichiamo che solo negli anni 70′ la concezione di disabilità è stata meglio inquadrata dall’ordinamento italiano, grazie alla legge 517/77, che ha aperto la scuola ai disabili ed ha istituito l’insegnante di sostegno. Ma solo nel 92’con la legge 104 si sono sanciti i diritti del disabile durante tutto il ciclo di vita. Fino ad oggi abbiamo assistito ad una mera sostituzione di etichette, con la necessità di scambiare la parola handicap con quella di disabile o diversamente abile. Tutta una serie di cambiamenti a livello lessicale a cui non sono seguiti cambiamenti a livello culturale, relegando ancora una volta la parola disabilità al mondo della differenza intesa e percepita come debolezza. Le ricerche a livello sociale inizialmente si sono concentrate sulle caratteristiche del bullo, della vittima e le relative dinamiche di gruppo , ma solo di recente ci si sta in interrogando su alcune particolarità dell’individuo a cui possono essere associate connotazioni negative, creando un terreno fertile per ogni tentativo di prevaricazione. Pertanto se il bullismo ha caratteristiche sempre uguali, in particolare l’asimmetria riguardo lo squilibrio di forze tra vittima e aggressore, siamo tutti concordi sul fatto che sia un fenomeno terribile e ancora più odioso quando questa asimmetria è dovuta alla condizione di disabilità. Diventa perciò evidente che al fenomeno sociale, debba essere correlato in egual misura il fenomeno educativo, poichè quando la vittima è un disabile , il danno si ripercuote sia a livello personale che sociale; intaccando tutto il sistema abilitativo e riabilitativo che ruota attorno al soggetto, divenendo spesso causa di gravi regressioni. Per ciò che concerne le sue manifestazioni, anche nel bullismo sui disabili gli agenti non cambiano , c’è il bullo , la vittima e lo spettatore. Mentre riguardo la sua diretta manifestazione la forma più diffusa nel caso della disabilità si muove verso l’esclusione e l’emarginazione. Occorre recepire che, al fine di combattere il bullismo serve un clima culturale, sociale ed emotivo, che faccia leva non esclusivamente sul bullo o sulla vittima, dissociandone i contesti, poiché ciò non risolverebbe il problema, semplicemente perché il bullo non è motivato al cambiamento, non percepisce le proprie azioni come un problema, e anche se si rompono le prevaricazioni con una specifica persona, presto il bullo troverà un’altra vittima. Diventa importante a tal proposito soffermarsi sull’importanza delle dinamiche relazionali partendo dall’assunto che tutte le relazioni umane sono conflittuali e che dove c’è diversità c’è conflitto. Sarà essenziale un’educazione di tipo emotivo, che alleni all’ascolto attivo e al riconoscimento delle emozioni come lente di ingrandimento, per vedere l’altro e rispettarlo all’interno di una relazione autentica, promuovendone i valori che possono aiutare a contrastare il fenomeno, tirando in ballo le famiglie, affinché si crei un adeguato rapporto di collaborazione tra le due istituzioni educative per eccellenza, scuola/famiglia. In ultima analisi occorre insegnare l’apertura verso la diversità, trasmettendo e lavorando sul senso di partecipazione e responsabilità verso la vita, insegnando a gestire i conflitti piuttosto che negarli e favorendo la riduzione del pregiudizio. Bulli non si nasce ma si diventa.
Al Dott. Marino D’Amore (docente, criminologo, giornalista e scrittore)
Invece abbiamo chiesto di parlarci di Bullismo e Mass Media.
Iniziamo definendo il cyberbullismo; esso è caratterizzato da tutti gli atti di prevaricazione e di molestia effettuati attraverso media digitali come social network, e-mail, chat, blog, forum, telefoni cellulari, siti e qualunque altra forma di comunicazione riconducibile al web. i giovani “bulli” digitali fanno circolare foto, mail denigratorie che contengono materiale offensivo e potenzialmente destabilizzante per la vittima.
In Europa più di 1 ragazzo su 4 di età compresa tra gli 11 e i 19 anni è vittima del cyberbullismo. Secondo alcune ricerche in Italia oltre il 24% degli adolescenti subisce minacce e molestie tramite rete, social, blog e forum.
Il cyberbullismo ha delle caratteristiche particolari, ecco le principali:
Anonimato del “bullo”: in realtà colui che esercita cyberbullismo non resta nell’anonimato, in quanto ogni forma di comunicazione elettronica lascia delle tracce, ma il filtro dello schermo spersonalizza la molestia in atto e per la vittima è difficile risalire al molestatore;
Indebolimento delle remore morali: agendo sul web (quindi dietro uno schermo) il persecutore può assumere un’altra identità, dire e agire come non farebbe mai nella vita reale;
Assenza di limiti spazio – tempo: mentre il bullismo tradizionale ha luoghi e tempi ben precisi (ad esempio la scuola, i gruppi, le comunità ecc.) il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico e quindi potenzialmente potrebbe essere continuo, fiaccandone la resistenza psicologica.
Ecco tutte le diverse declinazioni del fenomeno:
Flaming: messaggi on line violenti e volgari che mirano a scuotere battaglie verbali sui social e sui forum;
Cyber – stalking: molestie e denigrazioni ripetute, persecutorie e minacciose che incutono timore.
Denigrazione: “sparlare” di qualcuno, danneggiando la sua reputazione per mezzo di e-mail, messaggistica istantanea, blog e forum.
Sostituzione della propria personalità: consiste nel cambiare identità (molto spesso inventata e irreale) che invia messaggi e pubblica post offensivi.
Inganno: ottenere la fiducia della persona molestata e poi condividere sui social o con altri mezzi elettronici informazioni private.
Esclusione: emarginare una persona dal «gruppo on line», attuando una sorta di ghettizzazione e isolamento digitale che si riflette nella vita reale. Nel bullismo tradizionale in genere la vittima e il bullo sono persone che si conoscono, che si frequentano. Hanno avuto almeno qualche contatto relazionale. Nel bullismo digitale invece le persone possono anche essere sconosciute. L’empatia e la solidarietà che sono le basi di una dinamica relazionale si mitigano quando di fronte a noi c’è uno schermo e le reazioni, i sentimenti, i bisogni dell’altro ci sono negati o si confondono, restano ambigui, sfocati o semplicemente ignorati.
La “dimensione online” sdogana e concretizza comportamenti e gesti che nella realtà risulterebbero più oculati, pensati, magari evitati.
I dati italiani mostrano come l’incidenza del fenomeno nel nostro paese sia in linea con il panorama internazionale.
Prendendo in considerazione un campione di 2000 studenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni (fonte Italgov), il 25% ha dichiarato di essere stato vittima di cyberbullismo negli ultimi due mesi. Elementi da osservare: cambi di umore improvvisi, disturbi emotivi, problemi di salute fisica, dolori addominali, disturbi del sonno, nervosismo e ansia.
Nei casi più disperati queste persone decidono pure di togliersi la vita, per effetto dell’idea intrusiva, ossessiva di non poter gestire, arginare, eliminare dalla realtà l’offesa ricevuta. Il 31% dei tredicenni, percentuale che sale al 35% quando si tratta di ragazze, dichiara di aver subito una o più volte atti di cyberbullismo. Il 56%, poi, dichiara di avere un amico che è stato vittima di attacchi online. Sui social network, la percentuale dei protagonisti degli episodi sale dal 31 al 45%. Il profilo psicologico del cyberbullo mette in luce una mania del controllo, un tentativo di imporsi, attraverso il quale egli tenta di mettersi in mostra: è un incompetente sociale, non conosce le regole del vivere sociale. È una persona immatura dal punto di vista affettivo, che presenta un’incapacità di gestione delle emozioni come il senso di colpa o la vergogna, sia provata che indotta.
Nei criteri di elezione della vittima infatti, la «diversità», nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo centrale. In genere compie azioni di prepotenza per ottenere popolarità all’interno di un gruppo, per divertimento, autogratificazione o semplicemente per noia.
È fondamentale che le agenzie di socializzazione, famiglia, scuola ma anche la Rete, aiutino i ragazzi a sviluppare una consapevolezza sul fenomeno del bullismo e del cyberbullismo e a non sottovalutare gli effetti negativi che ne conseguono. Gli adulti sono chiamati a educare, più che a istruire: potenziando le abilità sociali con particolare attenzione alla consapevolezza emotiva e all’empatia. Un’attenzione particolare va data all’alfabetizzazione emozionale: è importante far lavorare in gruppi per aiutare il confronto, la capacità di problem solving relazionale e la cooperazione.
Ed in fine abbiamo chiesto al dott.Nazzareno DiVittorio (Consulente giuridico-investigativo e analista Digitale Forenze)
una dettagliata analisi dell’attuale legislatura italiana sul Bullismo.
Per inquadrare correttamente il fenomeno del bullismo in ambito normativo è necessario in primo luogo analizzare se esista o meno nel nostro ordinamento una fattispecie normativamente tipizzata che corrisponda esattamente a tale fenomeno
Purtroppo allo stato attuale l’ordinamento italiano non prevede né in ambito penale, né in ambito civile una figura di reato o illecito civile che rappresenti in modo specifico e omnicomprensivo il bullismo.
La difficoltà dipende dalla difficile definizione dei confini della fattispecie e dei comportamenti che debbano essere riscontrati perché sia applicabile.
In termini sociali e comportamentali, infatti, il bullismo è genericamente inteso quale un insieme di comportamenti di tipo violento e intenzionale, di natura sia fisica che psicologica, oppressivo e vessatorio, reiterato nel tempo posto in essere da un individuo, o da un gruppo di individui, nei confronti di uno o più altri individui.
Si conviene generalmente che il bullismo non sia reato, ma una forma di mala-educazione di un soggetto nel rapporto con gli altri e in particolare all’interazione con i coetanei.
Da ciò risulta di immediata evidenza che il fenomeno che chiamiamo bullismo è molto complesso e non facilmente inquadrabile giuridicamente in una semplice fattispecie penale e/o civile. Questo non vuol dire, però, che le condotte che singolarmente costituiscano un comportamento socialmente qualificabile quale bullismo, non siano di per sé giuridicamente rilevanti e conseguentemente in grado di garantire la difesa degli interessi della “vittima”.
Infatti è possibile inquadrare la condotta del c.d. “bullo” in una specifiche figure di reato, quali ad esempio:
Percosse (art. 581 c.p.),
Lesioni (art. 582 c.p.),Danneggiamento alle cose (art. 635 c.p.),
Ingiuria (art. 594 c.p.) o Diffamazione (art. 595 c.p.),
Molestia o Disturbo alle persone (art. 660 c.p.),
Minaccia (art. 612 c.p.),
Atti persecutori c.d. Stalking (art. 612 bis c.p.).
Perché l’autore di uno di tali reati possa essere condannato alla pena per esso prevista occorre che l’abbia commesso in condizioni di imputabilità, cioè abbia la capacità di intendere e volere al momento del fatto.
Una delle cause che possono escludere la capacità di intendere e di volere dell’autore del reato è sicuramente la “minore età”.
Di recente, è stata promulgata la Legge 29 maggio 2017 n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, con l’obiettivo di contrastare tale fenomeno in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche.
Interessante novità è che per la prima volta viene coniata una definizione ufficiale di «cyberbullismo» intendendo “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
La normativa, tra le azioni di prevenzione e repressione del fenomeno, ha previsto ad esempio che la vittima di cyber bullismo ultraquattordicenne e i genitori o esercenti la responsabilità sul minore, può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete internet. Se non si provvede entro 48 ore, l’interessato può rivolgersi al Garante della Privacy che interviene direttamente entro le successive 48 ore.
Inoltre è stata estesa al cyberbullismo la procedura di ammonimento prevista in materia di atti persecutori-stalking (art. 612 bis c.p.). Infatti in caso di condotte di ingiuria (art. 594 c.p.) – diffamazione (art. 595 c.p.) – minaccia (art. 612 c.p.) e trattamento illecito di dati personali (art. 167 del Codice della Provacy) commessi mediante internet da minori ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia, è applicabile la procedura di ammonimento da parte del Questore. Nella normativa è soprattutto il ruolo della scuola nel contrasto al cyber bullismo che viene considerato. Si passa dal prevedere che in ogni istituto tra i professori venga individuato un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyber bullismo, al compito del preside di informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo e, se necessario, convocare tutti gli interessati per adottare misure di assistenza alla vittima e sanzioni e percorsi rieducativi per l’autore.
Più in generale è stato stabilito che il MIUR abbia il compito di predisporre linee di orientamento di prevenzione e contrasto al fenomeno puntando, tra l’altro, sulla formazione del personale scolastico e la promozione di un ruolo attivo degli studenti, mentre ai singoli istituti è demandata l’educazione alla legalità e all’uso consapevole di internet. Inoltre alle iniziative in ambito scolastico collaboreranno anche la Polizia Postale e Associazioni territoriali.
Grazie ancora ai docenti della A.C.F (accademia per la cultura e la formazione) per qualsisi informazione o approfondimento: www.acfonline.it o info@acfonline.it
Cristiano Taloni
Responsabile settore informatico-digitale
c.taloni@konsumer.it – linkedin.com/in/cristianotaloni