In un caso concreto i criteri di individuazione dell’indice dell’ISEE ha determinato l’applicazione delle percentuali massime di contribuzione, in relazione alle spese necessarie per il ricovero giornaliero, in una struttura convenzionata con l’ente pubblico, una persona affetta da Alzheimer.
Sono venute alla luce molte criticità nell’applicazione dell’Istituto sulle quali si dovrà effettuare una riflessione generale.
Si premette che in genere nel caso di ricovero in una struttura convenzionata le spese previste sono sostanzialmente di tre tipi:
a) La quota albeghiera sempre a carico del privato;
b) La quota assistenziale a carico del privato in una misura determinata in base all’ISEE e dunque in relazione alla sua capacità reddituale/patrimoniale;
c) La quota sanitaria a carico dell’Ente pubblico.
La quota alberghiera è sempre a carico del privato; l’ulteriore distinzione tra le voci di spesa cioè tra le attività assistenziali (a carico del privato per una quota stabilita in base all’ISEE) e sanitarie (a carico invece dell’Ente pubblico) serve ai fini del pagamento di una retta di degenza giornaliera ulteriore che va ad aggiungersi alla quota alberghiera.
La prima questione riguarda l’applicabilità o meno della sentenza della Corte di Cassazione n. 4558 del 22 marzo 2012. Com’è noto tale sentenza stabilisce l’importante principio in relazione ad un caso di Alzheimer nel senso che che qualora esista una stretta correlazione funzionale tra le prestazioni assistenziali (marginali ed in genere a pagamento da parte del privato in base all’ISEE) e quelle sanitarie (a carico dell’Ente pubblico), tali da determinare l’impossibilità di distinguere tra le une o le altre, la spesa viene posta a totale carico del servizio sanitario nazionale”.
In un caso però, secondo il consumatore,il quadro clinico accertato e comprovato del paziente affetto di Alzheimer IMPEDIVA DI DIFFERENZIARE, nel concreto, LA QUOTA ASSISTENZALE DA QUELLA SANITARIA mentre secondo l’ente tale differenziazione era stata stabilita sulla carta e preventivamente con unoschema predeterminato delle quote assistenziali e sanitarie previsto in tabella e chiamato MINUTAGGIO ASSISTENZIALE e SANITARIO.
Per tutti i pazienti della struttura dunque vale che la quota alberghiera di 40 euro giornalieri è a carico del privato mentre la quota assistenziale a carico della famiglia del paziente viene fissata sempre sulla carta in base all’85% delle ore lavorative del personale (per tutti i pazienti indistintamente) mentre il restante 15% del “minutaggio”, ancora valido per tutti, riguarda le prestazioni del personale sanitario a carico dell’Ente.
Ne consegue che la tariffa massima di 120 euro giornalieri viene ripartita in 40 euro per l’ospitalità alberghiera (a carico sempre del privato), in 65 euro di massima spesa per minutaggio assistenziale (a carico del privato in base all’ISEE ovvero nel senso che il più ricco non può pagare più di 65 euro al giorno mentre il più povero può anche pagare meno in percentuale) e 15 euro di assistenza sanitaria a carico dell’ente pubblico.
Tuttavia è arduo per una persona affetta di Alzheimer distinguere in modo preciso la quota assistenziale da quella sanitaria per sostenere come fa l’ente che il principio stabilito dalla cassazione non si applica.
La seconda questione riguarda il COSTO UNITARIO OTTIMALE di riferimento fissato dalla regione in 115 euro al giorno. Ciò significa che la regione ha individuato tale costo unitario giornaliero massimo per un ricovero ai fini dell’erogazione dei finanziamenti pubblici alle aziende sanitarie. Tuttavia con una delibera regionale è stato stabilito che tale costo ottimale non si applica ad una azienda pubblica di servizio per i servizi socio-assistenziali (cioè nell’azienda concreta dove si viene ricoverati) ma solo agli enti locali che erogano i soldi alle stesse aziende. Quindi si rileva una contraddizione laddove il costo giornaliero venga fissato dall’azienda che ricovera il soggetto in misura maggiore ai 115 euro e quindi in 120 euro giornalieri. Lo stesso ente sovraordinato che individua il costo unitario ottimale in 115 euro lo esclude invece per le aziende pubbliche di servizio stipulando con le stesse persino delle convenzioni. Tuttavia nessuno si premura di fornire adeguata informazione ai sensi del codice del consumo in relazione al costo giornaliero in più pari a 5 euro spiegando anche a titolo viene pagato dal privato
Infatti in sede di convenzione tra USL ed Azienda pubblica di servizio andrebbero specificati i motivi che inducono ad oltrepassare il costo ottimale mentre nel rapporto clienti/familiari/utenti del servizio/consumatori ed l’azienda pubblica (ma vale per tutte le convenzioni in essere con le Aziende Pubbliche di Servizio)parrebbe mancata la trasparenza e l’informazione adeguata sui costi aggiuntivi ovver,o nel caso specifico, il motivo ed il titolo per cui vengono richiesti 5,00euro al giorno in più rispetto al costo ottimale (120,00 di costo giornaliero).
La terza questione è che nel caso concreto la retta giornaliera è stata calcolata nel massimo poiché un alloggio è stato venduto ed i soldi sono affluiti sul conto corrente. Pertanto il nucleo familiare è stato considerato “ricco” cioè come se avesse attualizzati entrambi i valori nell’ISEE ovvero la casa ed il prezzo di vendita della stessa (ma la casa all’evidenza non c’è più nel patrimonio).
Il quarto aspetto è quello forse più delicato e richiederebbe una Ctu per confermare ciò che sembrerebbe apparire dall’applicazione delle quote giornaliere a carico dell’utente. Si allude al fatto che sembrerebbe che la quota assistenziale nella misura massima sia stata calcolata anche sui cinque euro giornalieri in più richiesti dall’ente al privato. Ma ciò è da approfondire ed è stato richiesto all’ente che sinora non ha risposto.
Avv. Orlando Navarra
Presidente Konsumer Val D’Aosta
Ufficio legale KONSUMER ITALIA