Sul Panel test l’attacco continua anche se mascherato da ampi sorrisi.
Sempre più internazionale e sempre più osservatori di nuovi paesi interessati a aderire all’accordo internazionale dell’olio di oliva e delle olive da tavola. E’ il risultato positivo dei lavori dell’ultimo comitato consultivo del COI svoltosi al Cairo in Egitto. I lavori inaugurati da Ezz El Din Abu Steit, ministro dell’agricoltura egiziano e presidente di turno del COI (nella foto con il direttore Abdellatif Ghedira e il presidente del comitato consultivo Ali Ben El Hadj M’Barek)
Sull’argomento panel test, il plenum del comitato consultivo ha ribadito sì la validità dello strumento di esame ma ha anche registrato l’esigenza di avere a disposizione più tempo per definire alcuni aspetti legati al rafforzamento di questo importante strumento di controllo. Sull’argomento, il direttore esecutivo Abdellatif Ghedira si è impegnato a portare al Consiglio di Marakesh una proposta per dare maggiore supporto al comitato consultivo perché lo stesso abbia più tempo e risorse al fine di formulare una proposta condivisa da sottoporre al Consiglio del COI di novembre 2019.
Fin qui la ricostruzione ufficiale del Consiglio oleicolo internazionale.
In realtà la mancata approvazione del documento sul panel test, a quanto risulta a Teatro Naturale, non sarebbe dovuta alla necessità di approfondimenti tecnici ma riguarderebbe la contestazione, da parte dell’Italia, del verbale del gruppo di lavoro sul panel test del Comitato consultivo del Coi che si era tenuto solo qualche settimana prima a Madrid.
Nel corso di quella discussione, infatti, le posizioni tra l’Italia e la Spagna sono risultate piuttosto distanti, in particolare riguardo la valenza legale del panel test. La Spagna, infatti, voleva che il panel test fosse insindacabile per 6-12 mesi dal rilascio del certificato. L’Italia invece affermava la necessità di un arbitrato del Coi nel caso di risultanze non omogenee tra comitati di assaggio ufficiali.
Il verbale, che teneva conto dello stallo, era stato redatto e approvato (nonché fotografato da parte dei componenti italiani del gruppo di lavoro), salvo trovarselo sostanzialmente modificato al momento della diffusione da parte del Segretariato esecutivo del Coi.
A quanto risulta a Teatro Naturale, soltanto alcuni capi dipartimento del Coi, unitamente al direttore esecutivo e direttori aggiunti, avrebbero avuto accesso al verbale per la formalizzazione e le traduzioni che sarebbero state decisamente meno fedeli di quanto approvato, tanto da arrivare alla contestazione formale da parte dell’Italia, con conseguente decisione del direttore esecutivo Abdellatif Ghedira di rimandare l’approvazione del documento al prossimo autunno.
Certo se pensiamo che il COI doveva essere diretto da un Italiano, la presidenza di turno spettava di diritto all’Italia, ma a Bruxelles si pensava in modo diverso e la Mogherini non si è poi spesa così tanto nel difendere questa posizione. Anche se da scranni diversi dalla presidenza però gli italiani hanno difeso e continuano a difendere l’unico test che concede all’extravergine il ruolo che merita, sensazioni, odori, sapori, quando valutati con la maestria di esperti assaggiatori valgono quanto e più di un’analisi chimica, l’olio EVO è un alimento vivo e vitale, sensibile, variabile.
Anche questo ci ha convinto ad aprire alla prova d’assaggio fatta da un esperto sommellier dell’olio EVO, una prova di degustazione che ci permetta di classificare con un punteggio l’oro verde che ci si chiede di provare o che noi stessi decidiamo di provare. I primi risultati sono purtroppo con molti grigi, più marcati nei campioni dei piccoli produttori indipendenti, di contro a volte esageratamente positivi quando la produzione è controllata da un consorzio o da un brand che vuol difendere la sua storia non cedendo di un passo all’effimera illusione del profitto contro scarsa qualità. Anche per questo abbiamo iniziato a girare l’Italia incontrando i produttori, i frantoiani e gli imbottigliatori. Vogliamo farcene un’opinione personale, vogliamo parlare di cose che conosciamo e non affidarci al sentito dire. Ma di questo ne parleremo più diffusamente tra qualche giorno. Una cosa l’anticipiamo, nel nostro girare abbiamo conosciuto Flora Monini. Monini chi non conosce questo marchio? chiamarlo marchio, brand come si dice oggi, è enormemente riduttivo, Monini è un cognome, è una famiglia. Non neghiamo che prima di partire qualche informazione l’abbiamo presa dagli amici di Italia Olivicola, conservavamo lo scetticismo di chi è abituato ad acquistare direttamente dai produttori e preconcetti per i prodotti della grande distribuzione. Ci siamo intrattenuti a parlare con Flora Monini a lungo e più parlavamo più ci conquistava l’orgoglio nascosto dietro la disarmante semplicità con cui si è parlato di qualità come unico obbiettivo di una produzione che anno dopo anno deve essere massima e che, non stentiamo a crederlo, la si vorrebbe ancora più alta distinguendo anche all’interno della stessa classificazione di extravergine, dove le differenze, per la famiglia Monini, sono a volte notevoli. Un bel segnale, lo saprete presto anche dai risultati che sono usciti dalla prova di degustazione che abbiamo fatto sulle due bottiglie che ci sono state regalate, il Gran Fruttato e il Bio. Così dopo il Consorzio Nazionale, dopo l’olio Carli ecco affacciarsi dalle nostre prove altre eccellenze Italiane. Continueremo a girare l’Italia per conoscere altri produttori che invitiamo anche a contattarci ed ad affrontare la nostra prova d’assaggio, vogliamo dare ai consumatori una guida all’acquisto che sia il più possibile vicina e compatibile al gusto di chi dell’Olio Extravergine ne fa un uso quotidiano e ne sa apprezzare le grandi qualità sensoriali di cui ne è pieno anche un semplice cucchiaino.