GIOCHI E SCOMMESSE, TUTELA DEL CONSUMATORE E VOGLIA DI AUTOREGOLAMENTAZIONE
Dell’Avv. Prof. Cristiano Iurilli
Sia a livello internazionale che nazionale vi è una chiara scelta di collegare il settore del gioco a pagamento con la disciplina e la tutela del consumatore, e ciò principalmente per chiari motivi di ordine pubblico.
Mi sono recentemente soffermato sui contenuti della pubblicazione, da parte della Gambling Commission inglese (il cui lavoro dovrebbe essere preso a modello da Paesi come l’Italia), del suo piano aziendale per il 2017/2018 che indica le priorità in settori chiave per il prossimo esercizio finanziario, evidenziando come principali finalità proprio il potenziamento della protezione dei consumatori, l’aumento degli standard di qualità e protezione in tutti i settori del gioco, il miglioramento della regolamentazione del settore, ed anzi direi dell’autoregolamentazione.
Contemporaneamente alla pubblicazione del piano aziendale, la Commissione invita anche i principali interlocutori, tra cui i consumatori, l’industria e gli organismi pubblici, a contribuire alla sua strategia aziendale triennale, mediante un’attività di condivisione di esigenze ed opportunità da parte di tutti i soggetti portatori di un interesse nel settore.
Dunque, anche a livello internazionale si percepisce questo “sentimento” di considerare il giocatore come consumatore in senso stretto -e dunque destinatario di maggiori tutele- e non solo nei casi in cui questo possa essere considerato nella sua veste di giocatore problematico o patologico, ma come vero contraente, e cioè fruitore di un servizio a pagamento erogato da un’impresa che fa business.
Questo porre l’attenzione sul concetto di consumatore ha portato la stessa Gambling Commisison a considerare come proprio primario obiettivo la necessità di costruire e mantenere la fiducia dei consumatori su un settore che, senza ombra di dubbio, riveste i caratteri della delicatezza specialmente in relazione alle eventuali conseguenze patologiche derivanti da sempre più frequenti problematiche riconducibili alla c.d. ludopatia, oggi vera patologia clinica riconosciuta anche a livello nazionale.
Fiducia che si crea e si implementa in molti modi, sia a livello di legislazione nazionale e comunitaria sia a livello di politiche di autoregolamentazione da parte dei soggetti economici di riferimento, e che tendano a collegare l’innovazione del settore a politiche di tutela della clientela: perché di clientela si tratta!
Ma la Commissione pone particolare attenzione anche al problema della risoluzione delle controversie tra imprese di settore e giocatori consumatori, individuando una chiara necessità, per le imprese di gioco, di implementare forme alternative di risoluzione delle controversie (acronimo A.D.R), e ciò anche per migliorare la percezione di “fiducia nel settore”.
E la “fiducia” non può essere considerata solo come fattore metagiuridico.
Diviene invece uno strumento di regolazione ed autoregolamentazione volto a migliorare il settore e contemporaneamente a fornire livelli sempre più elevati di servizio al cliente.
Ma ancora, il concetto di fiducia deve essere considerato anche nella sua versione di misura di responsabilità sociale dell’impresa-gioco: concetto questo che difficilmente può essere importato ovvero imposto ovvero ancora consolidato mediante provvedimenti legislativi “cadenti” dall’alto, ma deve provenire dal basso, ovvero da una collaborazione, ed anzi da un confronto programmatico tra tutti i protagonisti del settore, in particolare le aziende ed i consumatori.
Incoraggiare l’industria del gioco a compiere progressi concreti che dimostrino un aumento della protezione dei giocatori ed un reale investimento sulla responsabilità sociale significherebbe raggiungere un duplice obiettivo: massimizzare ovvero aumentare l’ambito del gioco legale a discapito del mondo dell’illegalità ed al tempo stesso realizzare forme reali e sostenibili di tutela del giocatore, sia esso sano, problematico ovvero patologico: ed in questo, la Governance interna di un’azienda di settore potrebbe e dovrebbe funzionalizzare ed adeguare la propria operatività verso il consumatore-scommettitore garantendone la libertà e la consapevolezza.
Dunque, in un settore in cui anche a livello di giurisprudenza italiana la Cassazione estende la disciplina del consumatore allo scommettitore, estendendo al settore la disciplina del codice del consumo, forse sarebbe opportuno ripensare ad un sistema incentrato oggi su uno schema di scontro di posizioni opposte, ad uno schema maggiormente collaborativo che, proprio sulle orme di quella tendenza all’autoregolamentazione ed all’inclusione nelle scelte, operato dalla Gambling Commission, aumenti una percezione di fiducia, controllo e trasparenza nella gestione del settore del gaming -fisico ed on line- per raggiungere un risultato che possa dirsi concreto e non solo formale-legislativo.