È stata definita la malattia del secolo in costante e progressivo aumento.
Le persone affette dal morbo di Alzheimer in Italia sono circa seicentomila; si stima che nel mondo, nel 2050, saranno 130.000.000,00 di individui, una persona su 85.
Lo stravolgimento della vita dei familiari è totale; il declino cognitivo della persona ammalata irreversibile.
Ma oltre a questa triste e cruda realtà, i familiari sono in alcuni casi costretti a ricoverare le persone care in strutture sanitarie, spesso con costi elevati che molti non sono in grado di sostenere per lunghi periodi.
Ed ecco che allo sconforto per la malattia si aggiunge anche quello di non riuscire a dare la giusta cura alla persona che ami.
Per fortuna, oggi, un rimedio attuabile esiste ed è dato da una corretta interpretazione della Legge.
L’art. 3 co 3 del DPCM del 14 Febbraio 2001, fornisce una precisa definizione delle prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria nei seguenti termini: “Sono da considerare prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria di cui all’art. 3-septies, comma 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, tutte le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria, le quali attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da H.I.V. e patologie terminali, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. Tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post-acuta caratterizzate dall’inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell’ambito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell’impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell’assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell’assistenza. Dette prestazioni a elevata integrazione sanitaria sono erogate dalle aziende sanitarie e sono a carico del fondo sanitario. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale domiciliare o nell’ambito di strutture residenziali e semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degli aspetti del bisogno socio-sanitario inerenti le funzioni psicofisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungo assistenza”.
In termini accessibili a tutti l’intera retta sarà a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ogni volta che le prestazioni di natura sanitaria non possono essere eseguite se non congiuntamente con le attività socio-assistenziali; in questo caso prevale la natura sanitaria del servizio, rispetto alla quale le altre prestazioni devono ritenersi avvinte, essendo dirette a consentire la cura della salute della persona ammalata.
Gli eredi possono anche esercitare azione di restituzione delle somme versate, il termine di prescrizione dell’azione è decennale.
Plurime sono state le sentenze, di legittimità e di merito, che hanno riconosciuto tali diritti.
Ex plurimis Cass. n. 39438/2021; n. 21528/2021; 28321/2017; 22776/2016; C. APP. MI n. 2821/2019; Tribunale sez. III – Firenze, 31/01/2023, n. 281; Tribunale sez. II – Velletri, 21/10/2022, n. 1967; Tribunale Monza, 01/03/2017, n. 617.
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A cura di Paolo La Bollita
Referente di Konsumer Lazio.