In questi giorni è tornato alla ribalta un fenomeno ancora sconosciuto ai più: il revenge porn. Consiste nel pubblicare on line, o inviare tramite le chat, dei video o delle foto hot di una donna che, nella maggior parte dei casi, era la fidanzata di colui che mette il video in rete (ovviamente, la vittima può essere anche un uomo). Siamo sinceri: è ormai abbastanza frequente lo scambio di qualche o video erotico; lo è tra intimi ma non è infrequente anche tra sconosciuti agganciati su internet spesso su siti di incontri.
Reato. In questo ultimo caso la finalizzazione è quella del ricatto ai fini di procurarsi un lucro economico. Si configura il reato quando, finita la storia, l’ormai ex fa girare il materiale in rete: a volte lo fa per vendetta e altre per ricattare la povera vittima. Succede anche che il contenuto sia inviato a familiari, amici e colleghi della persona offesa al fine di accrescerne il discredito sociale e può generare ulteriori condotte illecite quali ingiurie, minacce, stalking ed estorsione.
L’ultimo caso è quello di una 47enne, il cui compagno, due anni fa, le chiese di girare un video a luci rosse con due uomini. Ora questo video viene usato per ricattarla e chiederle soldi. C’è anche il caso dell web influencer, Guendalina Tavassi, con un suo video molto esplicito che gira nelle chat. Ma cosa dice la giustizia? La legge 19 luglio 2019 n. 69, all’articolo 10 ha introdotto il reato di revenge porn, con la denominazione di diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti. Ecco il testo:
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procederà tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
“Il revenge porn è un ulteriore avviso sulla pericolosità dei nuovi mezzi di comunicazione che fanno credere ad una invisibilità della proprie azioni che è del tutto inesistente, mai come ora si deve avere un approccio distaccato e razionale da una piazza che appare virtuale ma è drammaticamente reale”. È il commento di Fabrizio Premuti, presidente di Konsumer Italia.