E così alla fine il dubbio è venuto anche all’Autorità garante della concorrenza e dei mercati…
Se i colossi della telefonia mobile, si è chiesto l’Antitrust, guadagnano dall’attivazione di giochi, contenuti erotici, suonerie, oroscopi, e via fatturando, che interesse avrebbero nel limitare le attivazioni senza il consenso dell’utente? Perché dovrebbero rinunciare alla loro quota su quello che l’Autorità stima essere un mercato di un miliardo di euro?
Domanda logica che in tanti ci eravamo posti già da tempo, ricordando le vicende analoghe dei 70X le numerazioni a valore aggiunto che turbarono i sonni degli italiani con una cascata di maxibollette, in questo caso sui telefoni fissi, nei primi anni del 2000. Ovviamente l’Authority non si è fermata al dubbio, ma ha svelato le responsabilità di Tim, Vodafone, H3G e Wind comminando una sanzione complessiva di 5 milioni di euro.
Una bella mazzata, basata spiega l’Antitrust su precisi riscontri. Innanzitutto i gestori hanno attivato automaticamente i servizi e li hanno fatturati, senza qualsiasi autorizzazione da parte del cliente. Seconda responsabilità dei quattro operatori non aver fornito alcuna informazione al cliente sul che la sim è preabilitata a ricevere i servizi a sovrapprezzo, mentre invece sarebbe possibile salvarsi da questi piccoli salassi attivando un blocco selettivo.
Inutile ribadire che a questo punto, esaurita l’immancabile serie di ricorsi dei gestori e confermata la condanna, questi soldi dovrebbero tornare a quei consumatori (e sono molte migliaia) tartassati da questi prelievi forzosi. Più che altro basterebbe tornare un po’ indietro con la memoria per offrire all’Agcom, che sta cercando di regolare questa giungla, una soluzione che già in passato ha funzionato. Basterebbe ricordare come le maxibollette gonfiate dai 70X terminarono quando si inserì il blocco automatico di quelle numerazioni. Una soluzione all’apparenza semplice. Perché non ripercorrerla e cercare strade più tortuose?
Riccardo Quintili